Viaje alrededor de una mesa, 23 de diciembre de 2010
23 de des. 2010
Una novela de barrio de Francisco Gonzalez Ledesma
Viaje alrededor de una mesa, 23 de diciembre de 2010
12 de des. 2010
La mémoire de Barcelone.
Quelque part, dans la banlieue de Barcelone, une gamine trisomique est prostituée par une vieille maquerelle. Gabri sort de 8 ans de prison, pour le meurtre du violeur de sa femme ; il est approché par Conde, riche industriel, pour abattre un homme. Sandra abat sont futur époux le jour de ses noces. Et Mendez, le vieux flic jamais retraité, enfreignant tous les ordres de sa hiérarchie (comme toujours) va retrouver les liens, protéger les innocents, confondre les pourris … Sans jamais arrêter personne, comme toujours.
Si vous voulez savoir comment fonctionne la police de Barcelone, comment se répartissent les rôles entre police nationale et police catalane, comment on obtient un mandat, le rôle des avocats etc. … Laissez tomber, ce roman n'est pas pour vous.
Si vous aimez les vieilles rues de Barcelone, si comme Mendez et Ledesma vous pensez que, lorsque plus personne ne se rappellera de vous vous mourrez un seconde fois, si vous aimez l'humour âpre de ce vieux flic, son humanité ; si un peu de tendresse ne vous fait pas peur … Précipitez-vous sans hésiter.
Toute la thématique de Ledesma, tout son travail de mémoire, roman après roman, pour que ne meurent pas la Barcelone populaire qu’il a tant aimé, les anonymes qui se sont battus aux heures les plus noires, les maîtres d’école qui ont continué à enseigner, les femmes qui ont lutté pour nourrir leur famille et conserver leur dignité … Toute ces choses qu’il ne veut pas oublier pour qu’elles ne meurent pas deux fois. Comme le dit un vieux communiste rencontré par Méndez :
« Je veux qu’on se souvienne de moi Méndez, après tout ce temps en prison, tout ces drapeaux disparus, que quelqu’un se souvienne que j’ai aussi été un homme, pas seulement un casier judiciaire. »
Un grand roman qui prend aux tripe, fait naître en quelques lignes le sourire, le dégoût, la haine et l'envie de pleurer. Un concentré d'humain chaleureux, qui tient chaud, même sous la neige ! Un roman où se côtoient le lyrisme, la poésie et le langage le plus prosaïque :
« Méndez affectionnait la salle des pas perdus. Il s’y engagea tel un matou et se dirigea vers la salle des toges, nimbée cet après-midi là d’une lueur douce et ambrée, apte à inspirer une sentence en vers. »
Suivi immanquablement quelques lignes plus loin par un « Putain Méndez », puisque c’est ainsi que tous ses collègues s’adressent à lui.
Bref, à lire absolument. Pour d’autres extraits représentatifs, vous pouvez aller chez Jeanjean.
Francisco Gonzalez Ledesma / Il ne faut pas mourir deux fois (No hay que morir dos veces, 2009), L’Atalante/insomniaques et ferroviaires (2010), traduit de l’espagnol par Christophe Josse.
7 de des. 2010
Cronaca sentimentale in rosso
Con la versatile penna del grande autore Francisco Gonzalez Ledesma, torna in azione il famoso ispettore Mendez nel romanzo Cronaca sentimentale in rosso (Cronica sentimental en rojo, 1984)., romanzo con il quale ha vinto il Premio Planeta nel 1984.
L’autore è nato a Barcellona nel 1927, e recentemente è al centro di una riscoperta e di un travolgente successo in Spagna e anche in molti altri paesi. Anche questo romanzo fa parte della serie dedicata all’ispettore Mendez che ormai ben conosciamo, un uomo che ha passato la maggior parte della sua vita per le strade di Barcellona di cui conosce ogni sordido vicolo, sempre alle prese con ladri e assassini, ma nonostante queste dure esperienze è rimasto ancora un puro dal cuore buono.
Anche questa volta l’autore ci offre un romanzo ricco di suspense, una storia sociale che affonda le sue radici nell’atmosfera di Barcellona, negli uffici dei suoi avvocati, nelle redazioni dei suoi quotidiani, nelle ville di chi ha davanti a sé un futuro — sotto forma di conto in banca — e nelle catapecchie di chi invece ha solo un passato — sotto forma di dossier della polizia.
Come sempre la protagonista è la città di Barcellona e questa volta l’ispettore Mendez è stato mandato a fare un lavoro certo non adatto al suo fiuto, deve controllare le spiagge e passa un po di tempo in un bar e dalla sua “postazione” ammira la bella Olvido Montal che prende il sole in topless.
Mendez conosce il nome della donna perchè è un giudice, e la Montal è alle prese con una eredità contesa, un grosso patrimonio che fa gola a vari pretendenti.
Mendez si trova coinvolto nella faccenda quando nella casa del giudice, che si trova vicina alla spiaggia viene ritrovato un seno (e questo potrebbe essere un macabro avvertimento) poco dopo viene ripescato a mare il corpo di una giovane donna mutilata, appunto di un seno
Anche questa volta l’autore ci offre un romanzo ricco di suspense, una storia sociale che affonda le sue radici nell’atmosfera di Barcellona, negli uffici dei suoi avvocati, nelle redazioni dei suoi quotidiani, nelle ville di chi ha davanti a sé un futuro — sotto forma di conto in banca — e nelle catapecchie di chi invece ha solo un passato — sotto forma di dossier della polizia.
L’autore:
Francisco Gonzàlez Ledesma è nato a Barcellona nel 1927. A ventun anni ha vinto il Premio Internazionale per il Romanzo con Tiempo de venganza assegnato da una giuria in cui erano presenti Somerset Maugham e Walter Starkie. Durante il franchismo ha scritto una serie di romanzi, censurati dal regime, che gli hanno permesso di ottenere il Premio Pianeta e per ben due volte il Premio Mystère per il migliore romanzo straniero pubblicato in Francia. Caporedattore di «La Vanguardia», ha scritto, tra l'altro, Cronica sentimental en rojo, Premio Pianeta 1984, e Soldados. Con lo pseudonimo di Enrique Moriel, ha scritto La ciudad sin tiempo. Tra le sue opere Mistero di strada (Giano 2008), Premio Novela Negra 2007, Storia di un dio da marciapiede (Giano 2009), La dama del Kashmir (Giano 2009), Cinque donne e mezzo (Giunti, 2009).
la “quarta”:
Olvido Montal ha trovato casa a San Salvator, a Barcellona. Una casa con un cuore, come dice lei, con le pareti ocra e un piccolo cortile che si affaccia sulla sabbia della spiaggia e sui rumori del mare.
Qualche volta Olvido si azzarda a esibire il seno nudo su quella spiaggia di famiglie dove anche gli ombelichi hanno il certificato matrimoniale. Lo fa con naturalezza, portando a spasso sulla riva la sua alta statura, le sue gambe lunghe dalle cosce possenti, sode e dure.
Tra i piú esperti nell’osservazione di quelle grazie, c’è il vecchio poliziotto Méndez. Esiliato dal suo quartier generale in calle Nueva, espulso dal Quinto distretto di Barcellona, Méndez è stato assegnato alla sorveglianza dei lidi. Un lavoro da pensionati, qualche controllo di borseggiatori e piccoli spacciatori, qualche ispezione di alberghi e bar alla ricerca di scontate irregolarità.
Per fortuna Méndez lo nobilita trascorrendo il suo tempo al bar Can 60, un locale che conserva meravigliosamente l’aria di un rifugio di pescatori dediti a contemplare la vita che passa, con le sue pareti tirate a calce, le sedie decrepite, le brocche abituate a infiniti travasi di vini e accostamenti di sgombri, sardine e arselle.
In quel rifugio, perfetto per chiunque voglia avere l’eleganza di scegliere la propria morte nell’indifferenza piú assoluta del mondo, Méndez contempla la bella Olvido Montal.
Nell’istante in cui ha saputo che la donna è un giudice, Méndez è rimasto per un po’ deluso, poi ha trascorso i successivi dieci minuti a pensare come sarebbe stato stupendo averla con addosso la toga.
Quando è riuscito ad andare oltre queste delicatezze dello spirito, si è recato a porgerle i suoi rispetti, dato che è abbastanza spagnolo da credere nella virtú del corteggiamento. Strana casa quella del giudice. Porte nobili, ceramiche con marine, conchiglie, cofanetti di madreperla, specchi incorniciati di schiuma e, su uno di quei tavoli di pescatori fatti per accogliere caraffe e carte da gioco, un seno tagliato di netto, un morbido seno appena nato alla vita del sesso e dell’amore. Sì, avete capito bene, proprio il seno di una ragazza.
Quando il mare ha restituito il cadavere di una giovane donna senza, appunto, un seno, l’inchiesta si è fatta maledettamente scottante per Méndez.
Francisco Gonzalez Ledesma, Cronaca sentimentale in rosso (Cronica sentimental en rojo, 1984)
Traduzione Francesco Varanini
Giano, collana NeroGiano, pagg. 325, euro 17,00
ISBN 978-88-6251-064-6
SherlockMagazine, 7 dicembre 2010
30 de nov. 2010
Méndez est immortel
Le tout donne Méndez, un flic toujours au bord de la retraite, qui répugne à arrêter quiconque, n'en fait qu'à sa tête (et à son flair) et désobéit constamment à une hiérarchie définitivement blasée.
Une dernière chose. Les romans de l'espagnol sont toujours truffés de saillies diverses et variées, en voici quelques-unes:
"Il sert essentiellement à acquérir du pouvoir. L'argent permet de bâtir des empires ; si l'on n'a pas d'argent, on ne peut qu'ériger des barricades."
Moins politique...
Moisson Noire, 30 novembre 2010
26 de nov. 2010
L’ispettore Méndez traccia la trama del terzo episodio in Cronaca sentimentale in rosso di Francisco González Ledesma
Un poliziesco ricco di suspense, scritto nello stile avvincente del Ledesma. Una storia sociale che affonda le sue radici nell’atmosfera di Barcellona, negli uffici dei suoi avvocati, nelle redazioni dei suoi quotidiani, nelle ville di chi ha davanti a sé un futuro – sotto forma di conto in banca – e nelle catapecchie di chi invece ha solo un passato – sotto forma di dossier della polizia –.
Siamo negli anni del pieno sviluppo economico a Barcellona. La Spagna si è lasciata alle spalle i vecchi tempi della miseria e dell’indigenza. E Méndez non batte più i malandati e bui quartieri del centro, ma se ne sta seduto al bar Can 60, sulla spiaggia, a fumare sigarette e bere buona birra. Dal suo tavolo ha una visione privilegiata dei turisti stesi a prendere il sole.
A un certo punto riconosce in una donna, distesa al sole in topless, le gambe turgide, il viso dall’aria decisa, l’affascinante giudice Montal, nota alle cronache per il suo appartamento a picco sul mare e per avere avuto l’incarico legale di custodire l’eredità di Oscar Bassegoda, potente uomo d’affari in vita e, post mortem, oggetto della discordia tra una folla di parenti ingrati e litigiosi.
Méndez distoglie lo sguardo ritenendo di non potere aver nulla a che fare col giudice. Ma si sbaglia, poiché di lì a poco il giudice lo coinvolgerà in una delle sue più ardue e complicate inchieste. Una volta rientrata nel suo appartamento, il giudice si imbatterà, infatti, nella macabra scoperta del seno di una ragazza uccisa poche ore prima.
Un agghiacciante ritrovamento che farà emergere una storia familiare di patti sotterranei e ambizioni segrete, custodite con il silenzio delle migliori famiglie. E, soprattutto, farà affiorare una intensa, inaudita storia di amore, una vera e propria Cronaca sentimentale, segnata sin dall’inizio dal giallo della nostalgia e dal rosso del sangue.
Un romanzo a tratti sarcastico, di forte impatto, che si dipana in episodi di grande crudeltà per dare spazio subito dopo a una tenerezza indimenticabile. Un libro da leggere in una notte, ma che rimarrà nella mente del lettore per migliaia di notti ancora.
Titolo: Cronaca sentimentale in rosso
Titolo originale: Crónica sentimental en rojo (Inspector Méndez #3)
Genere: Gialli, Horror, Thriller, Noir
Autore: Francisco González Ledesma
Traduzione: F. Varanini
Editore: Giano
Anno di Pubblicazione: 2010
Collana: Nerogiano
Informazioni: pg. 325
Codice EAN: 9788862510646
Prezzo di copertina: € 17,00
2 d’oct. 2010
Silver Kane. Autores de novela popular
Es el caso de Francisco González Ledesma (Silver Kane) simpatizante de izquierdas y de familia republicana, quien tras ganar un importante premio literario con un jurado internacional, es tachado por la censura de "rojo indeseable" impidiéndole publicar. Segunda entrega de esta serie dedicada a los autores de novela popular española.
La república verde, 2 de octubre de 2010
1 d’oct. 2010
Non si deve morire due volte - Francisco Gonzalez Ledesma
Davanti alla tomba di sua moglie Elisa. E' così che Ledesma ci presenta Gabri, al secolo Gabriel Paredes Lorca. E' appena uscito di prigione dopo aver decapitato l'uomo che l'ha violentata. In carcere si è fatto un nome uccidendo un assassino di bambine e questo fa di lui un duro, tanto da venire assoldato da Conde, un essere spregevole arrichitosi per aver sposato la rampolla di casa Linares, per ammazzare un uomo a sangue freddo. I soldi gli servono e lui accetta.
Corpi Freddi - Itinerari Noir, 1 ottobre 2010
20 de set. 2010
El Paral·lel reviu
http://www.tv3.cat/videos/3103850
16 de set. 2010
No hay que morir dos veces, de Francisco González Ledesma
Editado en BOOKET.
Kebran, 16 de septiembre de 2010
24 d’ag. 2010
Die späte Rache eines Vaters
In Spanien ist er seit Jahrzehnten eine feste Krimigröße: Francisco González Ledesma, Jahrgang 1927, startete seine Serie mit Hauptkommissar Méndez bereits in den achtziger Jahren. Viele Preise hat sie Ledesma eingebracht, und doch liegt erst jetzt eine deutsche Übersetzung vor. Manchmal staunt man, wie lange so etwas braucht. „Der Tod wohnt nebenan“ ist auch nicht der erste Roman in der Reihe, sondern der achte, aber wir wollen ja nicht jammern, sondern uns freuen, dass er endlich auch für die Krimifreunde zugänglich ist, die des Spanischen nicht mächtig sind.
Méndez ist daher nicht mehr der allerjüngste Kommissar. Das Barcelona, in dem er ermittelt, ist kein Bilderbuch-Barcelona, wie es die Touristen lieben, sondern ein kaputtes, dreckiges, armes Barcelona, eine Stadt, die zu schnell zu viel wollte. Der Ermordete – eigentlich ist es eher ein Hingerichteter, er hieß Omedes – wird in einem Abrisshaus gefunden. Früher war hier ein gut gehendes Bordell, und die Nachbarn wissen noch sehr genau, was für ein unangenehmer Kerl Omedes einst war. Méndez muss gar nicht lange ermitteln, da weiß er schon, was los ist: In den 70ern starb bei einem Banküberfall ein dreijähriger Junge. Omedes war einer der Bankräuber. Sein Mörder kann nur der Vater des Jungen gewesen sein, ein Mann namens Miralles, der heute als Personenschützer arbeitet.
Kein Interesse am Wer-war’s
Auch wenn klar ist, dass Miralles diesen Mord begangen hat und dieser sich auf einem Rachefeldzug befindet, ist ihm zunächst nichts nachzuweisen, aber darum geht es dem Hauptkommissar erst in zweiter Linie. Vorrangig kümmert ihn, was mit dem zweiten Bankräuber ist. Dieser hat seine Strafe längst abgesessen und weilt wieder in Barcelona. Miralles wird ihn ebenfalls töten wollen. Und der frühere Bankräuber, er nennt sich selbst Erasmus, weiß, dass Miralles ihn töten will. Also setzt er alles dran, um ihm zuvorzukommen. Da er an Miralles nicht gleich rankommt, gerät die junge Eva, die für Miralles arbeitet, ins Visier. Und Méndez muss versuchen, ein Blutbad zu verhindern.
Ledesma interessiert sich so offenkundig überhaupt nicht für das Wer-war’s, dass er dem Leser schon auf den ersten Seiten erklärt, wer wen warum töten will oder auch schon getötet hat. Die Spannung erwächst aus dem Katz-und-Maus-Spiel, das sich der Mörder, der Gejagte und der Kommissar von da an liefern. Méndez ist ein Hauptkommissar, der sich insgesamt einen Dreck um die Dienstvorschriften schert. Er kennt das alte Spanien unter Franco und beobachtet das neue Spanien.
Durch Figuren wie Madame Ruth, einer vor sich hin sterbenden ehemaligen Bordellbesitzerin, der früheren Prostituierten Mabel, die Madame Ruth zwar hasst, aber bis zu ihrem Tod pflegt, den verstörten erfolglosen Anwalt Escolano, der sich seine moralische Überzeugung nicht leisten kann, oder den Bankräuber Erasmus wird der Wandel der Zeit erzählt und was er für die Stadt und die Menschen bedeutet. Ledesma nimmt sich Zeit für seine Figuren, sie setzen sich mit ihrer Gegenwart und besonders aber ihrer Vergangenheit in manchmal etwas zu verplauderten Dialogen auseinander. So lernt man sie kennen, erfährt Hintergründe und Biografien, findet kleine Skizzen und Anekdoten, wird wieder zur eigentlichen Handlung zurückgeführt und hat am Ende ein Buch über Barcelona gelesen, das noch lange nachklingen wird.
Focus, 24 august 2010
Francisco González Ledesma: Historia de Dios en una esquina
En Historia de Dios en una esquina (1991) Méndez, gato viejo y solitario, siguiendo su propio instinto, aplicando su particular concepto de la ley, persigue a los asesinos de una niña que había sido secuestrada. Por una vez, cambia las esquinas del barrio chino de Barcelona, paraíso donde cultiva su nostalgia, por los lujosos salones del Hotel Palace de Madrid, poblados de oligarcas y matones. Pero no es suficiente. Para aclarar los enigmas del caso, para lograr algo de justicia, Méndez, nuevo Hércules Poirot, tendrá que gastarse todos sus ahorros en un crucero por el Nilo en el que, ¿cómo no?, se suceden los asesinatos a su alrededor.
"Méndez se daba cuenta, con creciente horror, de que estaba en un país islámico, es decir, un sitio donde no podría pedir un ron y ni siquiera algo tan inocente como unos pies de cerdo amenizados con un par de botellas de gandesa. No sobreviviría."
Francisco González Ledesma: Historia de Dios en una esquina, RBA, Serie Negra, 2008.
Elemental, querido blog, 24 de agosto de 2010
3 d’ag. 2010
La dama y el recuerdo, Silver Kane (Francisco González Ledesma)
La dama y el recuerdo
Silver Kane (Francisco González Ledesma) Editorial Planeta
Con trece o catorce años devoraba las novelas del oeste de Marcial Lafuente Estefanía, Silver Kane, Zane Grey, y algunos otros que no recuerdo. El argumento siempre era el mismo o al menos a mi me lo parecía, no importaba, nos entregábamos a las historias con pasión.
Tan sólo tenías que comprar una novelilla, te la leías en una tarde y a partir de ahí sí que comenzaba un carrusel deportivo. Bajabas al quiosco más cercano donde tenían cientos de estas novelas usadas, leídas y releídas mil veces. Y por unas pesetillas las ibas cambiando, más de una vez, tenías la sensación, si no certeza, de que la historia, esta vez sí, ya la conocías.
Este era un vicio un poco inconfesable, la calidad literaria estaba en entredicho, no estaba bien visto decir que leías este tipo de novelas, ni siquiera en un adolescente. Ya de adulto lo sentías como un pecadillo de juventud. Tengo que reconocer que me lo pasé bien y que junto a otros pecadillos, como las fotonovelas, despertaron mi pasión por la literatura. Me enseñaron a leer, a ser paciente con las historias, con los personajes, con las tramas, a coger el ritmo narrativo, a saber esperar un desenlace no por conocido menos sorprendente. Despertaron mi admiración por los autores que son capaces de inventarse vidas enteras en historias conocidas.
Desde entonces, no volví a leer una de estas novela pero de repente me encuentro en la estantería de la librería con un ejemplar colocado de frente, con la portada hacía el lector sobre una pila de otros colocados de canto y, tanto en los tumbados, como en el estirado, el nombre del autor en mayúsculas, con las filigranas propias de la letras tipográficas, sombreadas para simular profundidad, en tres dimensiones y el título en dos, La dama y el recuerdo, autor Silver Kane.
Mucho tiempo después de aquellas lecturas supe que el bueno de Silver, era en realidad Francisco González Ledesma, abogado, periodista, novelista creador el inspector Méndez, protagonista de una serie de novelas negras de corte social. González Ledesma es un gran autor, que para financiarse sus estudios y primeros años de independencia, siendo víctima de la censura franquista, escribió desde los años cincuenta cientos de novelas del oeste.
Así que como comprenderán, habiendo sido lector suyo primero como Silver y luego con su verdadero nombre, mi sorpresa y alegría al encontrarme con una nueva obra de este autor. Volvía a cabalgar, volvía a mi adolescencia.
Y francamente la novela no defrauda en absoluto, aun resulta más interesante que aquellas leídas en los setenta.
González Ledesma se quiere dar, y darnos, un homenaje, superado ya el complejo, recuperando al autor clandestino y la temática del oeste. Con estilo directo, claro, sencillo, cínico, lleno de humor blanco y negro va desgranando las historias típicas del género.
Un pistolero frío como el hielo, llega al saloon poco antes de que comience la acción y empiecen a aparecer fiambres atravesados por balas salidas de las manos más rápidas del medio oeste americano. Las coristas acaban de regresar de cotillear quien ha venido en la última diligencia. El administrador de asuntos gubernamentales relacionado con los indios y el ferrocarril, auténtico dueño y señor del territorio es un verdadero canalla, el malo de la novela, acompañado por una mestiza, espectacular, con la moralidad de una serpiente de cascabel. Otra mestiza virtuosa, y más espectacular todavía, apunto de sufrir un tremendo abuso sexual y vital. Un niño que queda huérfano. Otro pistolero, cazador de recompensas, íntegro como los verdaderos sufridores y perdedores de estas historias. Una dama entrada en años que conserva toda su belleza y una doble vida sorprendente y justiciera. Un viejo director de periódicos que todavía se atreve a denunciar los abusos de los poderosos. Todos estos personajes junto a vaqueros y cuatreros, enterradores, barmans, prostitutas entradas ya en años, banqueros y oficinistas acobardados, patíbulos, más pistoleros, travesías por las grandes extensiones de Kansas, escarceos sexuales subidos de tono (que ya los hubiésemos querido leer en nuestra primera etapa) van conformando la historia que nos vuelve a contar Silver Kane.
Es una entretenidísima novela, inteligente, divertida, nostálgica, un regalo para aquellos a los que nos gustó, y nos gusta, el género y para los que, sin complejos, quieran pasar un buen rato en buena compañía, un libro. Luis González Carrillo Junio de 2010
Palabra, 3 de agosto de 2010
30 de jul. 2010
Crónica sentimental en rojo
Un llibre per recuperar (2006)
Retrobar un antic cadàver pot ser un plaer, sobretot si parlem de literatura criminal. Una bona noticia. S’acaba de reeditar Crónica sentimental en rojo. I un valor afegit, acostar-se als grans no ha de ser per força un tema car. Ara podeu entrar en una de les obres fonamentals del mestre de la literatura negra barcelonina, Francisco González Ledesma a un preu ben econòmic gràcies a que Booket, el segell de butxaca de l'editorial Planeta acaba d'editar en format econòmic Crónica sentimental en rojo, el llibre amb el que l'autor es va endur el premi Planeta de l'any 1984.
González Ledesma, advocat i periodista, coneix força bé els carrers de Barcelona i els sap descriure com ningú. La ciutat és un personatge més i rivalitza amb el protagonista principal, aquest desenganyat inspector Mèndez que va veient com el temps passa i tot allò que ell coneixia i estimava es perd sense remei, engolit per la força del present que no espera.
Crónica sentimental en rojo
Francisco González Ledesma
Premi Planeta 1984
Editorial Booket
El blog de Jordi Cervera, 30 de juliol de 2010
13 de jul. 2010
Krimitipp | Francisco González Ledesma: Der Tod wohnt nebenan
Francisco González Ledesma: Der Tod wohnt nebenan : Kriminalroman. – Übersetzung aus dem Spanischen von Sabine Giersberg. – Köln : Ehrenwirth, 2010
ISBN 978-3-103-03799-9 – Preis: 19,99 €
Wenn man länger offblog ist, dann bleibt der ein oder andere Krimitipp liegen. “Una Novela de Barrio“ aus dem Jahre 2007 zum Beispiel. Der Roman von Francisco González Ledesma ist im Frühjahr in deutscher Übersetzung erschienen und erzählt in einem lakonischen und makabren Tonfall die Geschichte von Inspektor Méndez und seiner Suche nach dem Mörder von Omedes, einem Bankräuber, der einst an einem Überfall beteiligt war, bei dem ein Junge und ein Wachmann ums Leben kamen. Der Mörder von Omedes steht früh fest, Inspektor Méndez lässt ihn sogar laufen. Die vertrackte Verfolgungsjagd, die dann beginnt, führt durch ein altes Viertel Barcelonas, mit sterbenden Bordellbetreiberinnen, flüchtigen Frauen und eiskalten Personenschützern. Eine melancholische Betrachtung des Verfalls, unterbrochen durch einen staubtrockenen Humor. Garantiert gute Sommerlektüre ohne Leichtigkeit.
Krimiblog, 13 jul. 2010
5 de jul. 2010
Francisco González Ledesma
Si te apetece aparcar un ratito la poesía y meterte en los bajos fondos de la mente humana, esta lectura es imprescindible.
Voltios dixit.
Desde las lindes del sur, 5 de julio de 2010
21 de juny 2010
13 de juny 2010
Silver Kane
El género del Oeste es uno de esos escenarios que nunca pasan de moda y que, de tanto en tanto, resucita a través de nuevas lecturas de su épica. En realidad, el Oeste que dibujan las películas y cantan las novelas es una pura invención. No existieron esos salones con chicas de alterne que bailaban el can can hasta el amanecer, ni tahúres de magníficas cicatrices que se hacían acompañar por cómplices pianistas. La realidad fue otra bien distinta, con corrales polvorientos, sórdidos locales con alguna que otra prostituta de retirada, tipos pobres buscando sobrevivir y espacios infinitos rasgados por un incipiente trazado ferroviario. Hubo delincuentes y pícaros como en todos los lados y algún sheriff que se tomaba su trabajo de servidor público a conciencia. Poco más.
Pero fue esa épica de la conquista de un espacio virgen cuyos habitantes aborígenes defendieron hasta la extinción, y la posterior implantación de una civilización joven, pujante y ambiciosa la que desató el desarrollo del mito del Oeste americano. El caso es que no creo que haya nadie que no guarde en su memoria alguna película del Oeste, ni nadie que no tenga una cierta familiaridad con los indios navajos, arapahoes, apaches o pies negros. Nadie que no sepa quien fue Billy el niño, sitting Bull o Búfalo Bill, y pocos que no hayan silbado o tarareado alguna melodía de Ennio Morricone. Todos ellos son iconos que forman parte de nuestra mitología personal y cultural.
Mis primeros encuentros serios con el Oeste, me los proporcionó mi padre, buen aficionado al género, que gustaba de comprar e intercambiar novelas de Marcial Lafuente Estefanía. Aquellas novelitas de tamaño cuartilla con papel malo y portadas que asemejaban los carteles de cine, constituían un tesoro incalculable para leer en verano tumbado en la playa. Aquel salvaje Oeste y aquellos salvajes veranos de, a lo menos, tres generaciones.
Si bien Marcial Lafuente Estefanía era el top hit indudable del género, el segundo —no por ello menos intenso, sino todo contrario— era el gran Silver Kane, a quien siempre imaginé alto y enjuto como sus personajes, casi como un pistolero más metido a escritor de novelas autobiográficas. Ese admirado entretenedor de horas muertas de sol y excusado, resultó ser tan falso como el Oeste que me contó. Tras Silver Kane se oculta un profesional del relato, un buen periodista y un albañil de las letras que, como muchos otros represaliados de su generación, recabaron en la editorial Bruguera de la posguerra que les dio trabajo y una cierta esclavitud.
Francisco González Ledesma, de intensa biografía personal y profesional, es el alter ego de Silver Kane, un octogenario apacible y vivaracho que fue capaz de escribir una novela a la semana durante mas de 400 semanas en las que sus historias le dieron para subsistir. Y hace unas semanas, después de más de 30 años, me encontré de cara con un libro —esta vez de formato mayor, tapas duras y papel del bueno— titulado La dama y el recuerdo, firmado por ¡Silver Kane! No tardé nada en adquirirlo y salir escopetado a la playa para reencontrarme con el pasado.
El pistolero patibulario, el caza recompensas de mirada fría y nulos sentimientos, el enterrador borracho, el sheriff ciego, los ladrones del banco, el cacique adinerado y sin escrúpulos que pasaba por encima de todo con su ferrocarril, el indio musculoso y noble que sabía morir esbozando una sonrisa y esas mujeres de pechos generosos y muslos torneados envueltos en medias negras con costuras de lomo negro de Aguinaga por las que centelleaba el corto cañón de un Derringer, segundos antes de clavar la bala entre las cejas del último canalla. La dama y el recuerdo es un Silver Kane en estado puro. Gloria y reconocimiento a este autor que con ocho décadas encima es capaz de hacerte vibrar y convertir la playa en el mas apasionante salón de lectura. Altamente recomendable para descansar la cabeza.
Luis Ferrer i Balsebre es jefe del Servicio de Psiquiatría del Complexo Hospitalario Universitario de Santiago.
El tonel de Diógenes, 13 de junio de 2010
9 de juny 2010
Una del Oeste
La compañía, excelente: una dama de las que ya quedan pocas y de una cierta edad, expresión que se suele utilizar para decir que la mujer ya había cruzado la barrera de los cuarenta o estaba a punto de hacerlo.
Unos tragos de whisky americano, algo de ragtime sonando a un volumen adecuado interpretado por un pianista seguramente medio borracho, pasión desbocada como el galope de un caballo…
Y tiros, muchos tiros. Y personajes sin demasiadas aristas: los malos, malísimos; los buenos, malísimos también pero con un fondo honrado. Y la acción, tan desbocada como el caballo del párrafo anterior.
Sí, confieso que el 10 de mayo del presente fue la primera vez que leí una novela del Oeste, y jamás lo habría hecho si no hubiera estado firmada -y amablemente dedicada- por un veterano del género como Silver Kane.
Fue maravilloso. Y divertido. Seguro que el Gran Jefe Ledesma disfrutó de lo lindo escribiendo esta aventura.
La dama y el recuerdo
Silver Kane
Planeta
Ricardo Bosque, 9 de junio de 2010
8 de juny 2010
"He fet 400 novel·les de l'Oest"
RAC1, "El món a RAC1", 8 de juny de 2010
4 de juny 2010
"No hay que morir dos veces", de Francisco González Ledesma. La plenitud de Méndez.
Siglo XXI, 4 de junio de 2010
1 de juny 2010
La dama y el recuerdo, de Silver Kane
Silver Kane
Planeta 2010
por María Aixa Sanz
"Aquella mañana ocurrieron en Jackson, Kansas, cuatro cosas juntas que no habían ocurrido nunca: se pararon a la vez cien relojes de cuerda, llegó un jefe indio que quería comprar la paz para su pueblo, un pistolero llenó un saloon no de clientes, sino de muertos, y un hombre perfectamente vestido quiso comprar un cementerio. Nunca antes había estado en venta el cementerio de Jackson. " (párrafo inicial de la novela)
‘La dama y el recuerdo’ (Planeta) es el título de la nueva novela, bastantes décadas después, de Silver Kane. Silver Kane autor prolífico de novelas del Oeste allá por los cincuenta, con 400 títulos en su haber, en tiradas hoy impensables de miles de ejemplares, vuelve al panorama literario en formato de lujo y a cara descubierta, pues debajo de Silver Kane, tras el seudónimo, está la pluma y la maestría del gran escritor Francisco González Ledesma que ha querido obsequiarnos y sí, sé lo que digo: Obsequiarnos con ‘La dama y el recuerdo’, todo un regalo.
Detrás de ‘La dama y el recuerdo’ hay toda una novela, hay todo un saber hacer.
Sorprende el ritmo, su tono directo sin rodeos, los diálogos, la socarronería y la retranca que encierran éstos. Son de agradecer en días como hoy, como lo es: separar el bien del mal, la justicia de la injusticia, los buenos de los malos, el honor de los hombres de palabra de los traidores, la lealtad de la deslealtad.
‘La dama y el recuerdo’ tiene personajes que pasaran a formar parte de la memoria del lector: Taylor, Glenda Peter, Lancaster, Freda, Lena, Ketty River, Fred, Michael Ford, Silver Kane ( director del diario de Jackson) al que González Ledesma con un guiño a convertido a su seudónimo en personaje. Cada uno de ellos tiene un carácter esculpido por el paisaje y su propias vivencias de un Oeste duro.
Novela situada en el Oeste Americano en un lugar de Kansas, historia de amor y cazadores de recompensas, de posesión y cazadores de recompensas, de justicia y cazadores de recompensas, de venganza y cazadores de recompensas, donde debajo de alguno de los tipos duros hay un corazón y donde debajo de algunas mujeres hay toda una historia de lucha, de supervivencia.
Una historia como ‘La dama y el recuerdo’ sorprende en estos tiempos, sorprende y es de agradecer, como ya he dicho, y por supuesto hay que darle la razón a González Ledesma hacía falta homenajear a Silver Kane, hacia falta recuperar las novelas del Oeste que nutrieron a muchas generaciones pero que por el contrario otras no conocemos. Puesto que en el momento actual es un buen toque de atención ya que tal vez el viejo Oeste guardaba en él unos valores en desuso hoy, obsoletos, apartados de nuestros días, que deberían ser recuperados. Creo que González Ledesma no solo ha resucitado a Silver Kane sino que ha resucitado todo un mundo que merece tener en cuenta, descubrir y valorar. Esta novela por todo ello es grande y creo que pocos lectores podrán resistir la tentación de no seguir adelante después de leer el primer párrafo del libro, pero lo mejor de todo es que hasta el punto final, todos sentirán una misma emoción: que ‘La dama y el recuerdo’ vale la pena, que no es tiempo perdido, que es todo un descubrimiento y un disfrute, que ningún lector que se precie debe perderse.
Ariadna RC, 47, primavera 2010
28 de maig 2010
F. González Ledesma: Silver Kane cabalga de nuevo

Rojo y negro
Más cerca estilísticamente de Víctor Mora (autor de El Capitán Trueno) que de Manuel Vázquez Montalbán, González Ledesma es un hijo genuino de la posguerra española. Resultó precoz como escritor y hasta como “rojo”, ya que su novela Sombras viejas (1948), con la que ganó el Premio Internacional de Novela José Janés con sólo 21 años, fue prohibida por la censura franquista, valiéndole el ostracismo y la marginación a su prometedora carrera literaria. La editorial Bruguera le permitió hacer guiones para cómics de El inspector Dan y El Doctor Niebla, lo cual no está nada mal… pero también le daría la oportunidad de escribir literatura con seudónimo, aunque en aquella época las novelas de a duro no se consideraran como tal.
Evasión y victoria
Porque, al igual que El Coyote conseguía que el lechuguino César de Echagüe se convirtiera en todo un héroe justiciero, Silver Kane (pronúnciese castellanizado, por favor) logró que González Ledesma pudiera publicar regularmente… y con éxito. Hace más de medio siglo empezó a sacar sus novelas de evasión, en total más de cuatrocientas -no sólo en el campo del western-, cosechando la estima del público y marcando la diferencia. Todos sus admiradores recordamos la primera vez que leímos una novelita de Silver Kane, porque casi todos hemos pensado lo mismo: “Esto no está nada mal escrito…”. Hasta Alejandro Jodorowsky le homenajea siempre que puede, ya sea introduciendo un Silver Kane en su estupendo cómic-western Bouncer o encabezando cada capítulo de un estudio sobre el budismo zen con una frase extraída de las novelas de Kane. Apellido que, por cierto, González Ledesma asegura haber compuesto como homenaje al autor de cómic ¡Milton Caniff!
El pistolero regresa a la ciudad
Mientras tanto, con los años, la persona detrás de la máscara llegó a ser redactor jefe del diario La Vanguardia: sin embargo, el reconocimiento a González Ledesma no le llegó hasta bien entrada la democracia y los años 1980, con su serie negra del Comisario Méndez y el Premio Planeta a su Crónica sentimental en rojo. Silver Kane ya resucitó hace tres años con la reedición de cuatro de sus mejores novelas policíacas en un tomo (Recuérdame al morir, La Factoría de Ideas), pero nadie imaginaba que el propio González Ledesma, figura más conocida hoy que su propio álter ego, decidiera él mismo volver a colgarse los revólveres y a cabalgar las librerías con el nombre que le dio fama y un altarcito en los quioscos, pero al que él también dio tanto. “No hay ninguna novela del Oeste en el mercado y a la vez quería saber si sería capaz de volver a escribir una”, se justifica. La resurrección de Silver Kane se debe también a un ajuste de cuentas sentimental: “Yo intenté escribir bien mi trabajo, pero no fue hasta muchos años después que me di cuenta de que mucha gente se aficionó a la lectura gracias a Silver Kane y que tenía muchos fans importantes. El fenómeno Silver Kane me pareció cada vez más respetable. Por eso también acepté este desafío”.
¿Qué ha aprendido González Ledesma de Silver Kane? “He notado libertad. El Oeste me ofrece una cantidad de temas y situaciones que otros géneros no te permiten. También volví a sentir la emoción de la aventura. Y recordar cómo escribía cuando era joven me ha hecho recuperar la ilusión”. Se nota: lo bueno de La dama y el recuerdo es que no se trata de una reactualización ambiciosa o “realista” de la novela del Oeste popular española. ¡Es una novela del Oeste popular española, sin más! ¿En qué otro contexto se pueden aceptar, si no, frases tan lapidarias, desopilantes y cañís como ésta: “En la tierra que estaban pisando, los caballos eran quizá el mejor botín. Más incluso que las mujeres, por la sencilla razón de que sin caballos no podías vivir, y con ellas aún menos”? O esta otra, perteneciente a la sabiduría mundana tan propia del subgénero: “Las balas, aunque sean pequeñas, le sientan mal al cráneo”.
23 de maig 2010
"Si hubiera firmado González, nadie habría creído que estuve en el Oeste"
Durante más de 30 años ha tenido que caminar por polvorientas calles, organizar broncas en el salón, robar caballos, improvisar duelos al amanecer, preparar cocidos para los rancheros... Silver Kane, el pseudónimo con el que se ocultó de la dictadura franquista, regresa con "No hay que morir dos veces", la última aventura del Oeste del escritor Francisco González Ledesma (1927).
Autor leal a la máquina de escribir tradicional, una "Olivetti", este abogado, escritor y periodista no se plantea entrar en el laberíntico universo de las nuevas tecnologías. Hijo de una modista del núcleo barcelonés de Poble Sec, Ledesma confiesa que, al principio, no se sentía a gusto cabalgando por un género literario al que entregó más de 400 novelas que desaparecían de los quioscos con la misma facilidad con la que sus pistoleros saldaban cuentas pendientes.
¿Por qué ha vuelto al Oeste?
Quise probar si aún era capaz de escribir con el desparpajo y la agilidad de cuando era joven. Un día empecé a valorar la idea y el empujón final fue cosa de un editor que me dijo: ¿Quieres hacer una novela del Oeste seria? (Sonríe). Le respondí que no quería anticipos por miedo a la presión de fracasar y que el dinero me lo diera cuando el proyecto estuviera acabado. ¡Aquí está!
Entre "Sombras Viejas" y "La Dama y el recuerdo" hay más de sesenta años. ¿Muchas historias?
No me lo recuerde... Dejemos esos años en el olvido (ríe). Sí. Hay un montón de horas de trabajo, alegrías, decepciones... Algunos días en los que te sientes en la cima del mundo, como me ocurrió cuando me dieron el Premio Internacional de Novela ("Sombras viejas", en el año 1948) o el Premio Planeta ("Crónica sentimental en rojo", en el año 1984), y otros en los que me llegué a plantear dejar abandonado al escritor que había dentro de mí; pero escribir es la única cosa que justifica un poco mi vida y no lo hubiera podido dejar de ninguna manera.
¿Estuvo cerca de abandonar?
Mentalmente puede que lo hiciera, pero esas dudas están en todos los escritores. La amargura de pensar por qué no te dedicas a otra cosa sí que la he vivido muy de cerca en varias ocasiones.
¿Qué consejo le daría a los que se enfrentan hoy a esa crisis?
Un escritor de raza, sea bueno o malo, está dotado de una fortaleza interior que le impulsa a escribir. No es lo mismo ser que sentirse escritor. El que quiera ser escritor debe ser inasequible al desaliento, como diría un buen falangista, perseverar en su intento, no hundirse cuando las cosas no marchan bien y ser fiel consigo mismo. Si falta alguna de esas cosas, el fracaso es algo seguro.
¿Ha sentido el miedo de enfrentarse a un folio en blanco?
El miedo a una página en blanco me lo quitó Silver Kane. Tenía que escribir tres o cuatro novelas cada mes y si acababa una al mediodía, por la tarde ya estaba maquinando cómo comenzar otra historia. Era como una "droga" literaria que no me permitía divagar delante de un folio sin palabras. Entonces debía tener una imaginación milagrosa porque las ideas fluían sin parar.
¿Le debe mucho a Silver Kane?
Silver Kane fue el resultado de una situación que no era normal. Sabía que la dictadura no me iba a dejar publicar novelas como "Sombras viejas" o "Los Napoleones" y me marché al Oeste (ríe). Ganarme la vida escribiendo de aventuras de vaqueros no me gustaba, pero me permitía ganar un poco de dinero. El seudónimo no era importante, pero si hubiera firmado González, nadie habría creído que estuve en el Oeste. Kane, en cambio, sí que era un norteamericano de los de verdad.
¿Ha sido un buen compañero de aventuras?
A él le debo mucha de mi personalidad y ser una persona con una gran fortaleza frente al desaliento humano. Insisto, quería escribir de otras cosas, pero junto a él tuve un aprendizaje de perro. Si tengo una cierta habilidad literaria, toda se la debo a Silver Kane. Con el tiempo llegué a amar el Oeste. Me costó, porque fue una imposición de un gobierno, pero amé ese mundo.
¿Qué sentía un hombre nacido cerca del puerto de Barcelona en su Oeste literario?
Durante dos o tres años me encontré muy raro; perdido en un mundo en el que he permanecido más de treinta. Los editores buscaban mis novelas con desesperación y aproveché el momento para pagarme los estudios de Derecho.
¿Dicen que a los cinco años contaba historias en su colegio por una merienda?
¿A los cinco? No, creo que fue a los seis (vuelve a reír). Los colegios públicos de la dictadura eran muy buenos. El concepto de amistad entre los alumnos era magnífico y no todos teníamos posibilidades de merendar. Se me ocurrió contar historias que otros niños me agradecían compartiendo conmigo sus meriendas. Hoy me hace reír, pero fueron momentos duros.
¿También es cierto que una vez se puso a escribir en el tejado de su casa bajo la luz de la luna por culpa de un apagón?
Eso es verdad... Vivía en un ático de Barcelona y recuerdo que era domingo. Tenía que entregar una de mis novelas el lunes y la ciudad se quedó sin luz. Salí al tejado y no bajé a casa hasta que la acabé.
¿Se siente orgulloso por ser uno de los impulsores de la novela negra junto con otros autores de la talla de Vázquez Montalbán?
La novela negra es urbana, enigmática y crítica con el poder establecido. Si la haces, es fácil que enseguida te encasillen en la izquierda y de ahí ya no te saca nadie. Yo no tengo la sensación de escribir novela negra sino historias sobre mi ciudad que son comprobables, es decir, no miento nada o casi nada.
¿Su paso por Editorial Bruguera le hizo replantearse la profesión de escritor?
Bruguera nunca entendió su papel en el mundo de la cultura como un arte sino como un negocio. Aproveché mi estancia en esa editorial para hacer buenas amistades y continuar con mis estudios. Los contratos que te hacían sólo favorecían al editor y sufrí unos problemas de conciencia graves. Un día, mucho antes de que Bruguera se fuera a la quiebra, decidí que no me apetecía morir allí. Me hice periodista porque no quería hacerme viejo en la Editorial Bruguera.
¿Qué le dolió más, que lo tacharan de rojo o que le cerraran su trayectoria en varias editoriales?
A mí no me cerraron las puertas de algunas editoriales, simplemente no me hacían caso cuando tocaba en sus puertas. Muchos rentabilizaron aquellos años difíciles con las historias de Silver Kane.
¿Aprovechó su experiencia como periodista apuntar la profesión de escritor?
Yo no comparto la opinión de que cuando aprendes a escribir como un periodista te olvidas de escribir como un escritor. En un trabajo de redacción no hay creación literaria, pero sí hay un sacrificio, una agudeza para ser preciso y buscar la verdad aunque no siempre tengas posibilidades de publicarla. Un buen periodista hace que un texto sea comprensible en la primera lectura. Eso es importantísimo en el mundo de la literatura. El 80% de mi esencia de escritor se la debo a la profesión de periodista y el 20% a la vocación.
¿Y qué hará con el libro digital?
Estoy en contra. No soy su peor enemigo, pero amo a los libros que tienen vida propia; la magia de un olor a papel, la tinta, las historias que me transmiten...
¿Cuál es la reacción de un escritor de su trayectoria frente a los avances de la industria literaria?
Yo sigo usando máquina de escribir. De hecho, cuando era redactor-jefe de La Vanguardia la única mesa en la que no había un ordenador era la mía. Iban de visita al periódico y comentaban: "Ésa es la máquina de escribir que usa Silver Kane". A veces, me hacían sentir como una pieza de museo.
Hablando de recuerdos, ¿cómo asimiló en su momento el hecho de ser un Premio Planeta?
Te provoca una ilusión terrible porque has hecho realidad el sueño de casi todos los escritores, pero, a su vez, también tiene una cara cruel. La responsabilidad crece, puesto que enseguida te das cuenta de que vas a ser vigilado con lupa, que tienes que volver a escribir y, seguro, que recibirás críticas. Tras ganar el Premio Planeta no todo es bonito. Yo pasé muchísimo miedo y tardé más de tres años en volver a publicar un libro.
Última pregunta. ¿Ha cambiado mucho la literatura que conoció a mitad del siglo XX con la que se hace en 2010? ¿Cree que se está publicando mucho?
Se publica lo que se reclama por los poderes intelectuales y económicos. La literatura se ha modernizado para bien de todos. Hoy se puede escribir de un divorcio, adulterio y de otras cuestiones morales que en mi época no sobrevivían a la censura. Un libro de 2010 debe reposar, consolidar sus posicionamientos morales y servir de inspiración a las personas que decidan leerlos. No con el objetivo de plagiar, sino de reflexionar sobre sus personajes.
El Día, 23 de mayo de 2010
19 de maig 2010
La Barcelona de Ricardo Méndez
De la mano del procaz policía creado por Francisco González Ledesma nos sumergimos en una Barcelona recóndita, oculta, subterránea, que la mirada de Méndez hace aflorar a lo largo de los relatos. Como lo indica el propio autor, su protagonista «deambula por las entrañas de la ciudad y los recovecos íntimos de una Barcelona que no se ve pero que palpita en el aire». Su territorio natural es el Poble Sec, el Paralelo y el Raval, llevándonos también al Eixample e incluso a los Barrios Altos y a la prolongación de la Diagonal.
Durante más de un cuarto de siglo, a través de sus libros hemos podido pasearnos por una ciudad en trance de desaparición. Es consciente de que se está convirtiendo en otra nueva; no le gusta pero aun así nos la describe de igual forma. Méndez empezó como secundario en 1983 en Expediente Barcelona para convertirse en protagonista absoluto un año más tarde, en La calle de nuestros padres.
De su historia, conocemos poco. Se sabe que cuando era joven trató de alquilar una máquina de escribir con doble teclado, uno para las mayúsculas y otro para las minúsculas, «porque tenía pinta de ser la más económica». Fue un policía joven pero que nunca tuvo problemas con las amenazas disciplinarias, ya que, cuando le entregaron su primer nombramiento, le comunicaron también su primera sanción. Vivió durante muchos años en la trastienda de un colmado que también funcionaba como bar en la antigua calle Nueva (Carrer Nou de la Rambla) donde también estaba su comisaría de barrio aunque desde hace un tiempo, ya al filo de la jubilación, vive «en un pisito frente a Atarazanas tan lleno de libros que hasta es posible que debajo esté sepultada la ultima mujer de la limpieza».
Su Barcelona es a veces más fantaseada que real, una ciudad «reinventada», pintada con los colores de la melancolía y de la nostalgia pero que siempre terminamos reconociendo, aunque el mismo Mendéz se pierda y a veces no sepa dónde está.
Ciudad de fantasma
Sólo hay que llevar un libro suyo en la mano y empezar un largo deambular por sus calles. Así llegaremos a la de Tapioles (para muchos todavía Las Tapias) en el Poble Sec, donde una placa nos recuerda que en el número 22 nació González Ledesma. Ya no hay mujeres prostituyéndose. Ha aparecido más de un restaurante de diseño, sobre todo en la antigua plaza del Surtidor. Pero los fantasmas del pasado siguen ahí, asomándose cuando nos acercamos a la Pequeña Francia, ya en los lindes con Montjuic donde se esconde ese cementerio con vista al Mediterráneo que se cuela en algunos de sus relatos. Lo mismo ocurre con el Paralelo donde sólo si leemos con precisión sus novelas podemos imaginar cómo era la calle más divertida de Barcelona.
La metrópolis que descubrimos es quizás más añorada que real, pero está todavía ahí, como el Mercado de San Antonio que ha cambiado y aún se modificará más veces. Pero sigue siendo el mismo que aparece una y otra vez en sus novelas. Siempre se encuentra más cómodo en su territorio, entre el Paralelo y las Ramblas, «donde una brisa suave llegaba del mar y subía... acariciando los cuerpos de las turistas, incluso de las que jamás habían recibido una caricia.». Vale la pena seguirlo también por el Eixample y ver cómo conoce su pasado, sus historias secretas, la diferencia entre su lado derecho y su lado izquierdo.
Al Poble Nou no va mucho, pero cuando lo hace nos seduce de inmediato y nos provoca ponernos en camino hacia ese barrio casi desfigurado, invadido por un nuevo Barcelona con nombre de arroba tecnológica pero que todavía esconde verdaderos tesoros como ese Cementerio Nuevo que ya va camino de doscientos años.
Puertas secretas
Da igual que, como repite una y otra vez a través de sus personajes, «ya no veía la ciudad que era sino la que había existido o la que le habían contado». También afirma el mismo González Ledesma: «Como no sé planificar una novela ni desarrollar un argumento, me sumerjo en las calles y las paseo, y lo que acaba pasando es que la ciudad auténtica acaba metida en la novela».
De lo que no hay duda es que de su mano abrimos puertas secretas. De pronto estamos rondando las antiguas villas de Vallvidrera o de Horta, «donde aún quedaban casas centenarias tribunas de la vieja burguesía y gatos que se aburrían espiando a los coches». Y sin embargo nunca nos da todas las claves y ahí radica su principal encanto. Quien se pasee por su más sórdido que entrañable Carrer Nou se va a llevar la sorpresa de encontrarse con una de las obras clave de Gaudí a la que además se puede entrar, al haberse convertido en museo. O en Horta, que esconde uno de los jardines más misteriosos de Barcelona.
A veces no puede evitar hacernos un guiño a los amantes de la novela negra, invitándonos a conocer cerca del puerto la librería Negra y Criminal, donde lo primero que llama la atención es un cartel que dice «Terminantemente permitido fumar». Es el mejor sitio donde seguir descubriendo la Barcelona de Méndez. Pero también la de Pepe Carvalho y la de otros detectives y policías nacidos en Barcelona de la mano de tantos otros escritores como Mendoza, Andreu Martín y Giménez Barlett, a los que se suma toda una nueva generación que nos invita a descubrir otras Barcelonas con la muerte en los talones.
El Mundo, "Viajes con la muerte en los talones", 18 de mayo de 2010
16 de maig 2010
Entre ceja y ceja: vuelve Silver Kane
Pasando páginas de la excelente revista QUE LEER, especializada en libros, me encuentro nuevamente con Francisco González Ledesma, el mismo que hace medio siglo adoptó el seudónimo de Silver Kane para –junto con otros colegas- inundar los quioscos de revistas con los famosos “bolsilibros” de aventuras, hoy virtualmente desaparecidos.
El “far west” americano se destacaba entre los géneros de los libritos de 10 por 15 centímetros y 100 páginas, pero también estaban los policíacos, los de espionaje y los de ciencia ficción, entre otros. Lectura fácil y entretenida para quienes los “arrebataban” de los puestos de venta por unas pocas monedas.
Pero también eran el medio de vida para los escritores que como en el caso de Silver Kane (González Ledesma) los producían a razón de dos títulos por semana, en una época oscura de la historia de España cuando la dictadura franquista amordazaba sin piedad a quien osara expresar libremente sus ideas contrarias al régimen.
Aunque su trama era simple y siempre garantizaba un final feliz, imagino que no sería fáci inventar dos historias con sus personajes dos veces a la semana en pequeñas obras que al decir de la revista hicieron más por popularizar la lectura en España que todas las campañas del Ministerio de Cultura juntas.
En lo personal les estoy sumamente agradecido y no reniego de ellas pues al igual que los andadores para niños de corta edad me ayudaron a dar los primeros pasos en el apasionante mundo de los libros. La índole de mi trabajo (un quiosco de revistas) me permitió leer en mi primera adolescencia más de un millar de esos bolsilibros que hoy solo se encuentran en mercadillos, donde se venden por 30 céntimos o se canjean dos por uno.
Más de una vez vi en los medios de transporte a hombres mayores leyendo esas novelitas. ¿Sería por nostalgia, por qué son baratos? por qué les ayudan a evadirse de los problemas cotidianos? No lo sé. Tal vez, a pesar de la edad, estaban dando los primeros pasos como el bebé con el andador.
Este blog publicó otras dos notas sobre Francisco González Ledesma, y esta es la tercera. Aparte de que este hombre de más de 80 años me inspira afecto y admiración por su trayectoria y porque me trae reminiscencias de juventud, me entero ahora de una nueva muestra de su admirable vitalidad creadora.
Ha vuelto a ponerse en la piel de Silver Kane para escribir con ese seudónimo La dama y el recuerdo, que todavía no leí. González Ledesma, que llegó a ser redactor jefe del diario La Vanguardia, de Barcelona, y ganó el premio Planeta con su Crónica sentimental en rojo, lo explica así: "No hay ninguna novela del Oeste en el mercado y a la vez quería saber si sería capaz de volver a escribir una”.
Las dos notas anteriores sobre Silver Kane-González Ledesma fueron recogidas en su blog personal, una satisfacción más que se suma a las recibidas hace medio siglo cuando estaba convencido de que Silver Kane y sus colegas (Keith Luger, Donald Curtis, etc.) eran escritores norteamericanos y no esforzados autores españoles que no pretendían hacerse ricos con sus novelitas, sino sobrevivir.
El blog de José Trepat, 16 de mayo de 2010
10 de maig 2010
Regresa Silver Kane, el popular escritor de novelas del oeste
http://www.rtve.es/mediateca/videos/20100510/regresa-silver-kane-popular-escritor-novelas-del-oeste/767391.shtml
TVE, 10 de mayo de 2010
8 de maig 2010
Vuelve Silver Kane
El seudónimo ideado por Francisco González Ledesma en los años cincuenta se convierte en personaje en La dama y el recuerdo, novela del Oeste con todos los ingredientes del género: bandidos, cazarrecompensas, pistoleros, vaqueros, caravanas de ganado ... El protagonista es un hombre sabio y honesto que dirige el Jackson Independent Journal
Francisco González Ledesma, Paco para familiares y amigos, estaba escribiendo su nueva novela del policía Méndez cuando tuvo un ataque de melancolía. "Me estoy haciendo viejo". Ahí surgió la idea. "¿Y si vuelvo a escribir una novela del Oeste? ¿Y si recupero a Silver Kane?". Su editor estuvo de acuerdo, pero él puso una condición: no cobrar adelanto. "Si no me gustaba la rompía y no tenía que devolver el dinero. Me lo planteé como un reto. Quería comprobar si era capaz de escribir con la rabia y la frescura de los veintitantos años". La acabó con el entusiasmo y la pasión que suele poner en todo lo que hace, le gustó y aquí está La dama y el recuerdo.
En La dama y el recuerdo hay más sexo que en aquellos títulos que tanto éxito tuvieron en quiosco, como Un federal de Nevada, Una fosa pagada a plazos, El hombre que vendía muertos o ¡Ha vuelto Killer! "Había que ser muy moderado por la censura". Aquellas novelas solían tener unas setenta páginas y ésta, más de trescientas.
Reúne todos los requisitos del género: atracadores de bancos, cazadores de recompensas, pistoleros, vaqueros, el saloon con el piano y las prostitutas, los sheriffs, los indios, los caballos salvajes, las caravanas de ganado, las grandes distancias. Como en casi todas las novelas de Ledesma hay un montón de historias que se cruzan. "Porque así sucede en la vida". La del pistolero Taylor, que se enamora de una india mestiza; la del cazarrecompensas Lancaster, que le persigue para matarlo, pero que en el fondo también es una buena persona; la del cacique Ford, administrador de materiales del ferrocarril y representante del Gobierno para las tribus, un hombre repugnante y corrupto; la de su amante Lena, una mujer mala hasta el dolor; la del heroico y valiente jefe indio Valiant y la de su hijo, un chiquillo de 10 años que vengará su asesinato; y la de Ketty River, la dama del recuerdo que da título a esta historia, la mujer más distinguida de Jackson, que ejerce de juez en Kansas City, y que es implacable con Ford. Mucha acción y muchos muertos.
El seudónimo Silver Kane nació a finales de 1952. González Ledesma estaba pasando una mala época. Estudiaba Derecho, gracias a la ayuda de sus tíos Victoria y Claustre, porque él era pobre de solemnidad. Otro de sus tíos, Rafael González, un periodista represaliado tras la Guerra Civil que había encontrado refugio en Bruguera, logró que entrara en la editorial en 1947. Ya antes había escrito historias de aventuras para él y con él. Alquilaban máquinas de escribir por horas y escribían a cuatro manos. Luego fue guionista de historietas como El inspector Dan o Doctor Niebla. Pero Ledesma, que quiso ser escritor desde los 14 años, tenía ya la novela de su vida, Sombras viejas, que presentó al Premio Nadal de 1946 sin éxito. Dos años más tarde, el editor José Janés convocó el Premio Internacional de Novela, la retocó y la presentó. Ganó. La censura prohibió su publicación.
Estaba tan desesperado que se fue a Madrid para hablar con el censor. "Me dijo que era roja y pornográfica. Lo de roja pude entenderlo, porque los personajes eran los vencidos y los ideales republicanos que aprendí a querer en el Poble Sec (el barrio donde nació y creció) se dejaban ver. Pero lo de pornográfica, no. Se refería a una escena de lo más tonta: una joven se pasó la guerra esperando que regresara su novio. Soñaba que llamaban a la puerta; ella abría, retrocedía unos pasos y caía en un diván. Bueno, pues un día, llaman al timbre de verdad, abre, es un amigo de su novio, se sienta en el diván y él le pone la mano en la rodilla. Protesté, pero el censor me dijo que se notaba que el chico tenía intención de subir la mano por la pierna".
Se desanimó, pensó que nunca publicaría nada y entonces Francisco Bruguera y su tío Rafael le propusieron que escribiera novelas del Oeste. "Bruguera me dijo que me buscara un seudónimo porque con un apellido como González nadie se iba a creer una novela del Oeste".
Por la primera le pagaron 1.500 pesetas en dos plazos. Al final ya cobraba 12.000. Escribía de tres a cinco al mes y las tiradas oscilaban entre 14.000 y 24.000 ejemplares semanales. "Bruguera tenía olfato para el éxito y te apretaba. Incluso cuando dejé la editorial, en 1966, seguí con contratos para hacer Silver Kanes. Con este nombre firmé también novelas de misterio".
Recuerda con cariño a la tropa de escritores de Bruguera. Marcial Lafuente Estefanía, el dibujante Peñarroya, Sergio Duval, Josep Maria Lladó, Víctor Mora, que le proporcionaba libros sobre el Oeste en inglés. "Allí había escritores, periodistas, catedráticos, casi todos represaliados. Gente de cultura, que escribía muy bien. Se pensaba que éramos unos desgraciados, que nos ganábamos la vida en el quiosco. Autores mal pagados que escribían novelas baratas para gente sin poder adquisitivo".
Dice en sus memorias, Historia de mis calles: "Me daba vergüenza escribir relatos sin la menor pretensión o quizá sí: la de distraer a la gente, que no es pretensión pequeña". Con el tiempo se ha reconciliado con esos tiempos. "Me he ido dando cuenta de que mis novelas del Oeste sirvieron de inicio a la lectura para gente que no leía nada. También decía veladamente que aquí no había libertad". Tiene auténticos admiradores, como Alejandro Jodorowsky. "Dijo incluso que Silver Kane era mejor que Cervantes, lo que es una animalada. A veces utiliza frases mías en sus libros".
"Lo más importante es que con esas novelas aprendí mucho técnicamente. Tenían que ser interesantes desde la primera línea y dosificar la intensidad para que se leyeran de un tirón. Era un desafío diario y tenías que tener una imaginación brutal para no repetirte y crear argumentos convincentes y atractivos. Bruguera era muy exigente y rechazaba cualquier historia que no se ajustara a esas condiciones. Silver Kane fue mi maestro".
La dama y el recuerdo. Francisco González Ledesma. Planeta. Barcelona, 2010. 318 páginas. 19,50 euros. http://www.gonzalez-ledesma.com/.
El País / Babelia, 8 de mayo de 2010