Una chiacchierata con Francisco González Ledesma ospite di Tutti i colori del giallo, la rassegna di Massagno (Svizzera), a un tavolino di Piazza Riforma e passeggiando nel centro storico di Lugano.
Come è nato il poliziotto Ricardo Mendez?
Da giovane lavoravo sia come avvocato difensore sia come giornalista, quindi solo come giornalista perché non potevo sopportare la vita dell’avvocato sempre in mezzo a liti anche se guadagnavo molto bene. Lavorando solo come giornalista lavoravo di meno ma ero più felice. Nell’esercizio di queste professioni ho avuto la possibilità di conoscere quattro poliziotti che mi avevano colpito in modo particolare: grazie a loro è nato Mendez. Uno era campione di tiro con la pistola, guardaspalle del capitano generale ma un giorno si era dimenticato la pistola a casa. Un altro quando arrestava qualcuno nel Barrio Chino allungava la mano con il distintivo gridando “Polizia”. Regolarmente glielo facevano volare via dicendo “quale polizia?”. Il terzo portava sempre una pistola a salve e delle pietre in tasca. Quando inseguiva qualcuno gli gridava l’altolà, sparava a salve e tirava le pietre. L’inseguito credendosi colpito si gettava a terra gridando “mi hai ammazzato”. L’ultimo lo incontrai in Italia, a Taormina ad un congresso sulla mafia. Non aveva la camera e gli offrii di dividere la mia. Non l’avevo ancora vista, c’era un letto matrimoniale. Passammo la notte in bianco a parlare e mi confidò quanto fosse difficile la vita del poliziotto, gli appostamenti e la giustizia non sempre giusta.
E gli altri personaggi?
La maggior parte sono persone che conosco per aver vissuto in un periodo difficile. Sono figlio della guerra civile, ho visto la sofferenza nelle strade di Barcellona, la Barcellona delle strade è la più autentica e tutti i miei personaggi sono veri, presi dalla strada.
C’è qualcosa di lei nei suoi libri?
Ho vissuto diverse vite, dalle varie fasi della mia vita ho assorbito dalle persone che ho incontrato e ho dato loro qualcosa di me. Ho anche conosciuto diversi aspetti e quartieri di Barcellona.
Come sceglie i luoghi dove ambienta i suoi libri?
La città di Barcellona è un vero e proprio personaggio delle mie storie, mi piace molto anche Madrid ma, salvo una puntata in Egitto in Un dio da marciapiede, li ambiento principalmente a Barcellona. Mi piace scrivere della mia città che ha sofferto molto durante la guerra cercando di riscattarsi dalla sottomissione difendendo con dignità le sue tradizioni e la sua lingua. Durante la guerra Mussolini ci bombardava quasi ogni giorno dalle basi sull’isola di Maiorca.
E le storie che racconta, sono storie vere affrontate nella sua professione di avvocato e giornalista?
Sono per lo più storie vere o rielaborazioni di storie vere, quelle dei poliziotti, dei delinquenti, delle madri di famiglia, dei bambini poveri e delle donne ingannate.
Pensa che le storie pubblicate in Italia e scritte negli anni novanta siano ancora attuali? Le ha adeguate ai tempi?
Sono sempre attuali, Barcellona non è cambiata, i problemi sono sempre gli stessi. Non ho cambiato niente.
Dove hanno più successo i suoi libri fuori dalla Spagna?
In Francia, dove tutta la mia opera è stata pubblicata principalmente da Gallimard. Tutto quello che scrivo viene immediatamente pubblicato in Francia dove il pubblico è molto attento alle novità librarie, anche quando in Spagna erano proibiti dalla censura.
Mi sento a casa sia in Francia che in Italia perché sono paesi che amo molto e dove i lettori mi seguono con affetto e mi scrivono parecchie lettere.
La biblioteca de la Bòbila, una biblioteca pubblica di Barcellona mi ha dedicato un sito internet. Mi piace molto il contatto con i lettori, da loro imparo molto.
Come è organizzata ora la sua vita?
La mia vita è sempre stata caotica, avvocato al mattino, giornalista al pomeriggio e scrittore di notte. Dormivo solo quattro ore. Ho lottato e lavorato come un cane, ora vivo più tranquillo. Sono in pensione da 14 anni, il giorno in cui ho lasciato il giornale ho pianto. Ora ho più tempo per leggere, la mia vita è sempre caotica se non ci fosse mia moglie Rosa a organizzarla non so come farei.
Cosa legge Francisco González Ledesma?
Leggo noiosissimi libri di diritto per dovere. Sono consulente giuridico esperto in diritto catalano e svolgo ancora questa attività. La mia educazione letteraria deriva dai grandi classici francesi del diciannovesimo secolo, Alexandre Dumas, Maurice Druon, Jacques D’Ormesson (direttore de Le Figaro che racconta storie molto tenere), ho letto quasi tutta la letteratura gialla nordamericana e sudamericana. Mi piace molto Lajos Zilahy. Ho la casa piena di libri, a un mio amico la moglie chiese “o i libri o me” e lui rispose “i libri”.
Interviene la moglie Rosa “Io non faccio mai questa domanda…”
Legge scrittori italiani?
Mi è piaciuto molto Alberto Moravia. Ho letto anche Curzio Malaparte. Non sono molti gli scrittori italiani tradotti ed è difficile trovare i libri.
Dedica molto tempo alla scrittura?
Ora ne dedico di più. Quasi tutti i libri pubblicati in Italia sono frutto di ore rubate al sonno. Lo facevo perché scrivere dava un senso alla mia vita, per questo valeva la pena vivere.
Quando uscirà il suo prossimo libro?
In Italia sta per uscire No hay que morir dos veces, è una storia molto dura, non si muore mai finché la gente ci ricorda e si deve fare in modo di non morire dimenticati. In gennaio ho iniziato a scrivere un nuovo libro, ma non mi piaceva perché non mi sembrava sincero e l’ho appena stracciato.
Ha contatti con gli altri scrittori spagnoli di ”novela negra”?
In generale sono tutti miei amici, in particolare quelli di Barcellona. Ci stimiamo tutti reciprocamente, a volte anche con una sana invidia.
Ha vissuto molti periodi storici, il franchismo, la destra di Felipe Gonzales e la sinistra di Zapatero. Quale periodo le è sembrato migliore per la letteratura e in quale vorrebbe vivere?
Non durante il regime franchista: ero bandito dalla censura e non potevo pubblicare. Franco era un dittatore terribile, uccise moltissime persone. Ma non ho mai perso la speranza e ho sempre continuato a lavorare e a scrivere. Mi piace molto questo periodo di democrazia, tra destra e sinistra economicamente la differenza è minima, la si avverte maggiormente nei costumi con la liberalizzazione dell’aborto e del matrimonio omosessuale. Come avvocato la parola “matrimonio” se non è tra un uomo e una donna mi disturba. Avrei preferito “unione”. Ho lottato molto contro Franco insieme a Vasquez Montalbàn, avevamo fondato il sindacato degli scrittori clandestini, ma mi sono reso conto che i politici vogliono solo vivere bene.
Si sente molto la crisi economica in Spagna?
Si, la crisi è tremenda e la soffrono le classi popolari mentre i ricchi continuano a essere ricchi. In Spagna vivevamo al di sopra delle nostre possibilità, ora il governo non ha nessun piano per toglierci dalle difficoltà. Spero che la Spagna abbia abbastanza fortuna per riuscire a uscirne.
Vuole dire grazie a qualcuno?
Si, ero un figlio della guerra, morto di fame e i miei genitori non mi potevano mantenere. Mia zia Victoria, la sorella di mia madre, mi prese con sé, mi allevò e mi fece studiare. Anche altre persone mi hanno aiutato nella vita, ma la lista sarebbe troppo lunga
Milano Nera, 18 maggio 2009
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